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Libertà religiosa collettiva
Libertà di espressione c. libertà religiosa: il difficile equilibrio nella tutela della manifestazione del pensiero e della sensibilità dei credenti.
Autore dell'articolo
Silvia Angeletti
Tra le questioni più attuali alle quali dà origine il confronto (e il conflitto) della libertà religiosa con altri diritti fondamentali, particolarmente vivace si presenta il dibattito intorno al rapporto tra diritto di manifestazione del pensiero e protezione della libertà e del sentimento religioso. La Corte europea dei diritti umani si è trovata ad affrontare diversi casi che vedono in discussione le due libertà, entrambe reputate essenziali per una società democratica, ed ha elaborato in materia una giurisprudenza ormai consolidata (quantomeno rispetto ad alcune affermazioni di principio). I principali punti fermi nelle decisioni dei giudici di Strasburgo, hanno trovato sostegno anche nelle dichiarazioni rese dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, in alcuni documenti dedicati a questo tema (Risoluzione 1510 / 2006, Freedom of expression and respect for religious beliefs; Raccomandazione 1805 / 2007, Blasphemy, religious insults and hate speech against persons on grounds of their religion; Risoluzione 1577 / 2007, Towards decriminalisation of defamation).Prendendo le mosse dall’affermazione circa il carattere fondamentale della libertà di espressione del pensiero, anche quando quest’ultimo sia accolto con disturbo o rechi offesa ad alcuni segmenti della società, la Corte giunge tuttavia a conclusioni non del tutto in sintonia con tali premesse, con riguardo ad alcuni casi nei quali, a fronte di una espressione (per lo più artistica), legittima ma reputata offensiva, vi è in gioco la sensibilità religiosa di una comunità di credenti. Facendo leva sull’art. 10 CEDU, secondo il quale la libertà d’espressione comporta doveri e responsabilità, i giudici europei riconoscono la legittimità di una restrizione del diritto in questione quando la stessa è motivata dall’esigenza di proteggere il sentimento religioso dei fedeli (considerato implicitamente una componente della libertà religiosa), e la sua adozione risponda al parametro della proporzionalità rispetto all’obiettivo da raggiungere. Proprio la difficoltà di ravvisare la sussistenza di quest’ultimo requisito, insieme alle perplessità suscitate dallo spostamento concettuale dalla tutela della libertà religiosa a quella della sensibilità religiosa, sono all’origine del notevole interesse della dottrina (in gran parte orientato in senso critico) per il caso Otto Preminger Institut v. Austria, nel quale la Corte imposta una riflessione i cui contenuti rimarranno pressoché intatti fino ad oggi, sebbene alcune decisioni più recenti lascino intravedere un mutamento di rotta da parte dei giudici europei.[...]
 


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