Diritto al confronto e testimone irreperibile nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
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1. Il caso Ogaristi c. Italia Il ricorrente Ogaristi, all’epoca dei fatti, fu accusato di aver fatto parte del commando che il 18 febbraio 2002 a Casal di Principe uccise un cittadino italiano e ferì gravemente il cognato della vittima, un cittadino albanese; venne arrestato a seguito della testimonianza di quest’ultimo che sulla base di alcune foto segnaletiche dei carabinieri indicò il “killer” proprio nell’Ogaristi. Il 23 settembre 2002 il ricorrente chiedeva la fissazione di un’udienza ad hoc dinanzi al Giudice per le indagini preliminari, in presenza degli avvocati della difesa, per poter interrogare il teste e procedere ad una ricognizione personale, ma tale richiesta fu rigettata. Nel frattempo, il testimone, recatosi in Albania per un periodo di vacanze, diveniva irreperibile. Rinviato a giudizio per omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi, con l’aggravante di aver agito per favorire un’organizzazione criminale di tipo mafioso, il ricorrente, in primo grado, fu assolto per non aver commesso il fatto. [...]
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La pubblicità dell’udienza quale diritto fondamentale dell’individuo nel procedimento di prevenzione tra Corte europea dei diritti dell’uomo e Corte costituzionale
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1. Ancora una volta, il dialogo tra le Corti verso l’effettività dei diritti La sentenza in commento (Corte EDU, 5 gennaio 2010, Bongiorno c. Italia) si colloca nell’ambito di altre pronunce dello stesso tenore e sul medesimo argomento adottate dalla Corte di Strasburgo (Corte EDU, 8 luglio 2008, Pierre e a. c. Italia; Corte EDU 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza c. Italia). Il tema sui cui i giudici sovranazionali si soffermano concerne la pubblicità dei procedimenti giudiziari, sancita dall’art. 6 § 1 C.e.d.u. tra i diritti fondamentali per la realizzazione di un fair trial, valutata con specifico riferimento al nostro procedimento di prevenzione. In quest’ultima decisione, i giudici sovranazionali, come già avevano fatto nelle precedenti sentenze, hanno evidenziato l’importanza del principio sancito dall’art. 6 § 1 C.e.d.u. a proposito della pubblicità dell’udienza, sottolineando come esso protegga gli accusati dai pericoli di una giustizia segreta sottratta al controllo del pubblico e costituisca, anche, uno strumento per preservare la fiducia del singolo nei riguardi degli organi giurisdizionali. Si tratta di un diritto fondamentale dell’individuo necessario per la realizzazione di un processo equo e deve trovare realizzazione in tutte le società democratiche. [...]
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Prova del DNA, conservazione di dati personali e censure della Corte europea dei diritti dell’uomo nei riguardi del Regno Unito.
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1. Raccolta e conservazione di campioni biologici. L’intervento della Corte EDU ed il sistema di raccolta dei dati da parte del Regno Unito
Il crescente utilizzo di “database” contenenti riferimenti di tipo genetico ed il loro utilizzo in ambito giudiziario si pone in termini problematici con riguardo al rispetto ed alla tutela di diritti fondamentali dell’individuo. Tali strumenti presentano indubbi vantaggi: contribuiscono in modo notevole all’accertamento del reato, garantiscono rapidità di intervento a livello investigativo, consentono risparmio di risorse umane ed economiche, assicurano la possibilità di realizzare uno scambio di informazioni tra Paesi. D’altro canto, il ricorso a questo tipo di strumenti investigativi pone l’esigenza di un’adeguata regolamentazione per l’utilizzo e la conservazione dei dati raccolti al fine di salvaguardare la diffusione e l’accesso ai dati personali. In particolare, suscettibile di specifica tutela è l’esigenza di garantire la giusta protezione per la “privacy genetica” dell’individuo. Ed è proprio su questo tema che la Corte europea dei diritti dell’uomo si è soffermata, nella sentenza in commento (S. e Marper v. The United Kingdom), denunciando le carenze insite nel sistema inglese e fissando delle importanti linee direttive in tema di conservazione dei dati biologici raccolti a fini giudiziari ed investigativi negli appositi database.[...]
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Il diritto dell’imputato a partecipare personalmente al processo: “l’influenza” della giurisprudenza della Corte EDU nella decisione della Corte costituzionale e nella giurisprudenza di legittimità
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Il settore delle sentenze pronunciate in contumacia dell’imputato e dei rimedi affinché sia garantito al contumace “incolpevole” il diritto alla piena partecipazione al processo è stato frequentemente al centro del dibattito dottrinario e giurisprudenziale. Il tema, invero, è uno dei più delicati in quanto coinvolge garanzie costituzionali e sovranazionali. Non a caso proprio in quest’ambito si è registrata una certa pressione “internazionale” affinché il meccanismo normativo della contumacia e dei possibili rimedi fosse improntato ad un maggiore rispetto delle garanzie di giurisdizione (GARUTI, Sub art. 175. Le novità apportate dalla novella legislativa del 2005: quid iuris?, in Codice di procedura penale ipertestuale, a cura di Gaito, 3° ed., Torino, 2008, 786). Sotto questo profilo, invero, l’assetto normativo interno per il procedimento contumaciale ha rappresentato uno dei motivi per i quali, più volte, l’Italia ha ricevuto il diniego all’estradizione da parte di Stati esteri in riferimento a soggetti italiani, latitanti all’estero, condannati nel nostro Paese in contumacia. Ciò a causa della mancanza di adeguate garanzie per la riapertura del processo. D’altro canto, la Corte europea dei diritti dell’uomo, con riferimento ai processi in absentia, ha più volte “censurato” l’Italia, in quanto priva di un meccanismo normativo adeguato ad assicurare il diritto dell’imputato alla piena partecipazione al processo penale. L’art. 6 CEDU non menziona espressamente il diritto dell’accusato alla partecipazione del processo al contrario di quanto accade nell’art. 14, 3° comma, lett. d del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966. Tuttavia, il § 3 dell’art. 6 CEDU, alle lettere c, d, e attribuisce all’accusato diritti che egli non è in grado di esplicare se non attraverso una partecipazione personale all’udienza. [...]
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