Divieto di Tortura

Prohibition of Torture

SARTARELLI S. – Il caso Provenzano e il diritto di (umanamente) morire

Abstract

 Premettendo che…. – In un clima socio-politico come quello attuale, contrassegnato da diffusi sentimenti di violenza e da risentimenti sovranisti marcatamente anti-europeisti, una sentenza della Corte EDU come quella in esame che addirittura “si è permessa” di intervenire sulla problematica, tutta italiana, del trattamento penitenziario dei mafiosi non poteva che essere accolta da sdegnate polemiche. In realtà, la Corte Europea dei Diritti Umani, “dei Diritti Umani” appunto, si è limitata a sottolineare come l’umanità della pena, o meglio, l’umanità (-dignità) della morte durante l’esecuzione di una pena detentiva possa patire un giustificato indebolimento solo in presenza di comprovate e giudizialmente motivate ragioni di sicurezza.

Più in particolare, la Corte EDU con la sentenza del 25 ottobre 2018 (ricorso n. 55080/13, Provenzano c. Italia) ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 Cedu ovvero per la contrarietà al divieto di pene o trattamenti inumani e degradanti del solo ultimo decreto di proroga del regime carcerario differenziato previsto dall’art. 41 bis ord. penit. (quello del 23 marzo 2016), emesso nei confronti del detenuto Bernardo Provenzano senza una congrua valutazione dell’intervenuto, ulteriore, deterioramento delle sue funzioni cognitive. […]

In a political climate such as the current one, marked by feelings of violence and markedly anti-European resentments, the sentence ruled  by the ECHR in the case of Provenzano which intervened on the Italian problem of the mafia prison treatment could only be accepted from strong controversy. However, the European Court of Human Rights has limited itself to underlining how the principle of the punishment humanity and its execution can suffer a justified weakening only in the presence of proven and justified security reasons..

 

SARTARELLI S. – Il delitto di tortura tra testo normativo “problematico” e formante giurisprudenziale “derivato”

Abstract

SOMMARIO: 1. Breve premessa. – 2. Il parametro di riferimento dell’art. 3 Cedu. – 3. Il possibile apporto della giurisprudenza nostrana.

  1. Breve premessa. – Che la legge n. 110/2017 istitutiva del delitto di tortura italiano fosse, da parte del nostro ordinamento, un “atto dovuto”, nessuno ne dubita. La mancanza di una tutela penale ad hoc per tale tipologia di condotte era, infatti, sotto gli occhi di tutti, oltre che rimarcata in più occasioni dagli organismi internazionali più autorevoli. Quello di cui si è dubitato, all’indomani dell’entrata in vigore della sopracitata legge, è stato della sua capacità di colmare, adeguatamente, quel vuoto di tutela ormai divenuto intollerabile .

Le perplessità suscitate dal testo del nuovo art. 613bis c.p. sono state molteplici e senza dubbio, «testualmente» fondate, tuttavia, tramite l’ausilio di una interpretazione, la più «Convenzionale» possibile, se ne potrebbe auspicare un loro cauto ridimensionamento.
D’altronde, il forte legame esistente tra il testo della norma incriminatrice di cui si tratta e l’attività giurisprudenziale della Corte EDU che della omonima Convenzione è, non solo immediato organo applicativo, ma anche, e per certi versi soprattutto, organo interpretativo, si ravvisa già nella stessa introduzione delle disposizioni penalistiche nostrane, la cui esistenza si deve sia alla (tardiva) esecuzione degli obblighi internazionali, sia (più efficacemente) alle condanne della Corte EDU inflitte all’Italia per la violazione dell’art. 3 Cedu. Come non menzionare la sentenza Cestaro c. Italia con cui la Corte di Strasburgo ha inferto all’Italia una sonora condanna, riscontrando la perpetrazione di veri e propri atti di tortura ad opera delle forze di polizia nella ormai nota e triste vicenda genovese. La Corte, con l’occasione, denunciava la necessità che l’Italia provvedesse al più presto ad introdurre una specifica norma incriminatrice “armata” di sanzione effettiva ed adeguata che fosse allineata alla definizione di tortura coniata in ambito internazionale. Non solo. Nella stessa pronuncia, si puntava il dito anche avverso l’effetto di impunità derivante dalla prescrizione, ciò che finiva per tradursi in una sorta di ulteriore ingiustizia patita dalle vittime .
[…]

If we consider that after more than thirty years since the ratification of the UN Convention on Torture of 1984, Italy has succeeded in carrying out the international obligations assumed only after the “ultimatum” launched by the Court of EDU in the Cestaro judgment is evident as the activities of the Court of Strasbourg played an important role in the “birth” of the torture crime in our penal code. The article focuses the possibility that the interpretive activity of art. 3 Cedu made by the same Court and also the internal jurisprudential activity carried out on homogeneous concepts to those contained in the art. 613bis c.p. can support a more reasonable interpretation of the legal text.

 

ALLEGRUCCI C. – La legge 110/2017 e gli obblighi internazionali dell’Italia in tema di tortura

Abstract

1. Premessa. – Con l’approvazione della legge 110, avvenuta il 14 luglio 2017, l’Italia ha final-mente introdotto nel suo ordinamento il reato di tortura, colmando un vuoto legislativo ormai intolle-rabile. L’importante novella legislativa – oltre alle norme incriminatrici di cui agli articoli 613bis e 613ter c.p. sono state introdotte norme procedurali in materia di utilizzo delle prove raccolte tramite il ricorso a tortura, disposizioni relative all’estradizione dei responsabili e modifiche al testo unico sull’immigrazione – arriva con un ritardo di quasi trent’anni rispetto alla ratifica, da parte dell’Italia, della Convezione delle Nazioni Unite contro la tortura, i trattamenti e le pene inumani e degradanti, datata 1984. A dare impulso decisivo al procedimento legislativo, che in passato si era sempre risolto in un nulla di fatto, hanno probabilmente contribuito le sentenze di condanna dell’Italia pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale – soprattutto in anni recenti – ha evidenziato come la mancanza di una previsione legislativa che sanzionasse adeguatamente la tortura si traducesse in una violazione procedurale dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: con ciò dimostrando la debolezza dell’argomento tradizio-nalmente addotto dai governi italiani, e cioè che a reprimere tale odiosa condotta fossero sufficienti i reati già previsti dal codice penale (e segnatamente le norme in materia di percosse e di lesioni per-sonali). […]

Almost 30 years after its ratification of the UN Convention against Torture, Italy has finally ap-proved a law introducing torture as a discrete crime. This long-awaited development, however, has been met with some criticism, as many maintain that law 110/2017 does not fully satisfy the interna-tional requirements in terms of preventing and punishing torture. This article focuses on such inter-national requirements: by examining first the torture-addressing international instruments binding upon Italy and then the provisions of law 110/2017, it aims to assess wether Italy has fulfilled its in-ternational obligations.

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