Libertà religiosa individuale

Individual Rights

ANGELETTI S. – La questione del velo islamico nel luogo di lavoro (ancora) di fronte alla Corte di Giustizia UE: verso maggiori garanzie per il diritto di libertà religiosa.

Abstract

Con la sentenza resa il 15 luglio 2021, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea torna sul tema dell’adozione del velo islamico nei luoghi di lavoro. Le questioni pregiudiziali poste dai giudici remittenti tedeschi riguardano le misure stabilite da datori di lavoro privati, con le quali si vieta ai dipendenti l’esibizione di segni visibili di convinzioni politiche, filosofiche o religiose nel luogo di lavoro, allo scopo di perseguire una policy di neutralità dell’impresa. La Corte, seppure non discostandosi dagli approdi della sua precedente giurisprudenza sul tema, con la decisione in commento mostra alcune significative aperture verso un’interpretazione della direttiva 2000/78/CE maggiormente attenta al rispetto della libertà religiosa del lavoratore. In particolare, il riconoscimento al giudice nazionale di un margine di discrezionalità, entro il quale poter tenere conto delle norme europee di rango primario e delle disposizioni costituzionali nazionali che garantiscono la libertà religiosa, rappresenta un passo avanti nella direzione di un approccio ‘olistico’ al tema del diritto antidiscriminatorio nelle relazioni lavorative. […]

In July 15th 2021, the Court of Justice of the European Union (Grand Chamber) delivered a preliminary ruling in proceedings regarding the wearing of the Islamic headscarf in the workplace. The requests from the referring German Courts concerned private undertakings applying internal Instructions, aimed at pursuing a policy of political, philosophical and religious neutrality towards clients as well as workers. While complementing existing case – law, the Court further clarifies how the directive 2000/78/CE shall be interpreted in line with the protection of the employees’ freedom of religion. Firstly, the Court clearly maintains that the appropriateness, consistency and necessity of the neutrality policy are to be demonstrated by the employer. Furthermore, it states that the directive leaves a margin of discretion to the national judge, within which the rights recognized in EU primary law and national provisions protecting freedom of thought, conscience and religion shall be taken into account. On these grounds, it will be argued that the Court has taken a further step towards a ‘holistic’ approach in employment anti-discrimination law.
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CANONICO M. – Crocifisso nelle aule scolastiche: obbligo, divieto o facoltà?

Abstract

Il contributo prende in esame la sentenza della Corte di Cassazione, pronunciata a Sezioni unite, che, nell’ambito di un procedimento disciplinare a carico di un docente, si occupa della questione concernente la legittimità della presenza del crocifisso nelle aule della scuola pubblica. La decisione, pur reputando che siano ancora formalmente in vigore le disposizioni di natura rego-lamentare che impongono l’affissione di detto simbolo, adotta delle stesse un’interpretazione ori-ginale, che supera la previsione dell’obbligo di esposizione del crocifisso legittimandone comun-que la presenza su base volontaria, frutto di libera scelta degli alunni, con eventuale possibile esposizione anche di altri simboli religiosi. La soluzione prospettata solleva tuttavia varie perples-sità, soprattutto in ordine alla conciliabilità della soluzione prospettata con il principio di laicità dello Stato e la tutela della libertà religiosa dei soggetti interessati.[…]

This article examines the judgment of the It. Court of Cassation, handed down in unified session, which, in disciplinary proceedings against a teacher, deals with the question of the legiti-macy of displaying crucifixes in state school classrooms. Although the decision held that the pro-visions of a regulatory nature requiring the display of the crucifix were still formally in force, it adopted an original interpretation of them, which went beyond the requirement to display the crucifix, legitimising its presence on a voluntary basis, the result of a free choice by the students, with the possible display of other religious symbols. The proposed solution does, however, raise a number of concerns, especially as regards its compatibility with the principle of the secularity of the State and the protection of the religious freedom.[…]

Sánchez H. | Criteria for limiting the use of religious symbols in court appearances in Strasbourg case law

Abstract

In its recent ruling, Hamidović v. Bosnia and Herzegovina, the Strasbourg Court found that the conviction of a Muslim for his refusal to remove the taquiyah (skullcap), during a criminal proceeding where he was witness, was illegitimate. The paper analyzes the proportionality criteria applied by the European Court of Human Rights as well as by some national courts in cases where the legal restrictions to the wearing of religious clothing or symbols by privates may constitute forms of discrimination.[…]

ANGELETTI S. – La questione del velo integrale torna a Strasburgo. Brevi considerazioni intorno a Dakir c. Belgique e Belcacemi et Oussar c. Belgique.

Abstract

Con le recenti sentenze Dakir c. Belgique e Belcacemi et Oussar c. Belgique, pronunciate dalla Seconda sezione della Corte europea dei diritti umani, i giudici di Strasburgo tornano sulla questione del velo integrale a non molta distanza dalla ben nota decisione S.A.S. v. France del luglio 2014. Le due controversie mostrano più di una somiglianza con il caso francese, a partire dai percorsi legislativi che hanno condotto prima la Francia nel 2010, subito dopo il Belgio (giugno 2011), a promulgare un divieto di comparire in luogo pubblico con il volto travisato, adducendo ragioni essenzialmente legate ai profili di sicurezza, al principio di eguaglianza tra uomini e donne e al rispetto del valore sociale della pacifica convivenza in un clima di apertura e di dialogo, compendiato nella formula del “vivre ensemble”. Forti analogie emergono anche nelle considerazioni con le quali le rispettive Corti costituzionali hanno avallato la scelta parlamentare sul piano costituzionale. Non sorprende, dunque, che le doglianze oggi introdotte di fronte a Strasburgo ripropongano (seppure in termini più sintetici) gli stessi nodi problematici e le stesse valutazioni poste all’attenzione dei giudici nel caso S.A.S. v. France. […]

In the recent cases Dakir c. Belgique and Belcacemi et Oussar c. Belgique, the European Court of Human Rights upheld the decision rendered in the well – known 2014 case, S.A.S. v. France, regarding the burqa/niqab ban in public spaces. Establishing that the 2011 Belgian law, sanctioning the wearing in public of a face-covering veil, is compatible with the limitations provided in Article 9 ECHR, the Strasbourg Court applied all the arguments seen in the French case.
Before else, the ruling relied on the criterion of “vivre ensemble”, conceived as a requisite value for social cohesion and respect for pluralism and which can be subsumed into the protection of “rights and freedoms of others” for the sake of being held legitimate under Article 9. It shall be argued that the principle of “living together” is too vague and ambiguous a tool to be used as a juridical reason to justify a limitation on individual freedoms, therefore leaving space for other, more meaningful means, like the (material) concept of public order
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ANGELETTI S. – Tra diritti religiosi dei genitori e rispetto dell’autonomia scolastica, quale spazio di tutela per il “best interest of the child”? Qualche considerazione alla luce del caso Osmanoğlu et Kocabaş c. Suisse.

Abstract

Con la decisione nel caso Osmanoğlu et Kocabaş c. Suisse la Corte europea dei diritti umani segna un importante passo in avanti nel riconoscimento dei diritti dei minori nelle questioni educative, una materia che da sempre costituisce un banco di prova impegnativo per le politiche statali e la cui complessità cresce in un contesto di pluralismo etnico, culturale e religioso. L’istruzione e l’educazione delle giovani generazioni coinvolgono più soggetti, portatori ciascuno di propri diritti e potenzialmente in conflitto con quelli altrui.

Un primo sguardo al diritto internazionale suggerisce di attribuire un ruolo di primo piano al diritto dei genitori di dare ai figli l’educazione più conforme ai propri convincimenti morali e religiosi. È questo l’obiettivo delle numerose disposizioni (art. 13 ICESCR; art. 18 ICCPR; art. 2, Primo Protocollo CEDU; art. 14 Carta dei diritti fondamentali UE) che impongono agli Stati di rispettare tale prerogativa nell’esercizio delle funzioni educative.

D’altro canto, ogni Stato gode di un legittimo interesse a promuovere, attraverso i progetti educativi scolastici, quei principi e valori che informano di sé le regole basilari della convivenza sociale, sancite nel dettato costituzionale e confermate dagli impegni assunti in ambito internazionale a tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Al centro si situa l’interesse del minore, punto di incontro dell’esercizio delle libertà delle istituzioni familiari e pubbliche ma anche autonomo soggetto in formazione, titolare di un proprio diritto di libertà religiosa e di educazione. […]

The ECtHR case Osmanoğlu et Kocabaş c. Suisse deals with parents’ religious rights, school autonomy and children’s rights to education and equality. The Court declared that the refusal by the school authorities to grant two young Muslim girls an exemption from swimming classes, for religious reasons (the classes are mixed until the age of puberty) does not violate their parents’ freedom of religion. The refusal was found legitimate on the grounds that sport activities in primary schools are designed to foster social inclusion and integration of pupils and, in so doing, the school authorities had exercised their rights to freely apply internal educational rules and adopt their own curricula. It will be assumed here that, from an international human rights perspective, the Court’s ruling complied with the legal standards provided by the Convention on the Rights of the Child, regarding equality between the sexes and non-discrimination in the matter of education. The refusal of the parents to let their daughters attend the swimming classes would have prejudiced their right to fully participate in school activities, without discrimination towards male students.

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