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MARCACCIO G. | La libertà di culto nell’Italia plurireligiosa: una Corte costituzionale più coraggiosa torna a censurare la legge “anti-moschee” della Regione Lombardia. (Note a margine della sentenza Corte Cost. n. 254 del 5 dicembre 2019)

Abstract

Sommario: 1. Libertà di culto e multiculturalità. – 2. Uno sguardo d’insieme alla giurisprudenza costituzionale in tema di edilizia di culto. – 3. La legge “anti-moschee” della Regione Lombardia ed il duplice vaglio della Corte costituzionale. – 4. Sentenza n. 254 del 2019: una Consulta più coraggiosa esalta la centralità della libertà di culto.

  1. Libertà di culto e multiculturalità.

A distanza di poco più di tre anni la Corte costituzionale torna a pronunciarsi sulla normativa della Regione Lombardia che disciplina la «realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi»[1]. Chiamata come nel 2016 ad esaminare la normativa urbanistica lombarda quanto al riparto di competenze legislative Stato-Regioni ed alla tutela della libertà di culto, la Consulta rileva ulteriori profili di illegittimità costituzionale a carico della richiamata disciplina regionale, segnando un ulteriore passo avanti nella tutela ed esaltazione delle libertà connesse alla religione.

Il nuovo arresto giurisprudenziale si pone in continuità con l’operato del Giudice delle leggi che, in più di sessant’anni di attività, si è mostrato particolarmente attento nei confronti della libertà religiosa in tutte le sue componenti[2], ivi compresa la libertà di culto[3]. Tale ultima libertà trova espresso fondamento nell’art. 19 della Costituzione, il quale per costante giurisprudenza costituzionale ed europea racchiude al suo interno «tutte le manifestazioni del culto, ivi indubbiamente incluse, in quanto forma e condizione essenziale del suo pubblico esercizio, l’apertura di templi ed oratori»[4]. Ragion per cui ad essa si riconnettono l’edificio di culto e la normativa sull’edilizia di culto, che però vivono nel nostro ordinamento una situazione alquanto singolare.

In un Paese come il nostro, in cui ci si imbatte in una chiesa ad ogni angolo di strada, il tema dell’edilizia di culto è stato a lungo dimenticato e relegato al più alla normativa urbanistica[5]. A tutt’oggi non esiste una legge generale sull’edilizia di culto, né tantomeno una norma che definisca giuridicamente l’edificio di culto o, seguendo una nozione sempre più accreditata in dottrina, il luogo di culto[6]. La scelta del nomoteta sembra essere quella di lasciare la materia alla sola tutela generale della Costituzione, nell’ambito della quale la Consulta svolge un’importante azione suppletiva a partire già dal 1958, anno in cui dichiara l’illegittimità costituzionale di quelle disposizioni del Regio Decreto 289/1930 che segnano una significativa disparità di trattamento nell’apertura di templi ed oratori tra culto cattolico ed altre confessioni religiose[7].

[1] La sentenza costituzionale oggetto del presente commento è la n. 254 del 5 dicembre 2019, la quale segue la precedente pronuncia n. 63 del 24 marzo 2016, anch’essa resa dalla Corte costituzionale.

[2] Ex multis, cfr. R. Botta (a cura di), Diritto ecclesiastico e Corte costituzionale, ESI, Napoli, 2006; G. Tesauro, Corte costituzionale e libertà religiosa, in R. Benigni (a cura di), Libertà religiosa, diritti umani, globalizzazione. Senato della Repubblica – 5 maggio 2016, Roma TrE-Press, Roma, 2017.

[3] In argom., ex multis, cfr. A.C. Jemolo, Culti (libertà dei), in Enc. dir., XI, Giuffrè, Milano, 1962; P.A. D’Avack, Libertà di coscienza, di culto e di propaganda, in Enc. dir., XXIV, Giuffré, Milano, 1974, pp. 592 ss.; C. Cardia, Principi di diritto ecclesiastico. Tradizione europea, legislazione italiana, V ed., Giappichelli, Torino, 2019, pp. 148 ss..

[4] Corte cost. 24 novembre 1958, n. 59; analog. Corte cost. 24 marzo 2016 n. 63; Corte cost. 5 dicembre 2019, n. 254. Il principio è ripreso anche dalla Corte di Strasburgo nei casi Mannousakis vs. Grecia del 1996 e Associazione di solidarietà ai Testimoni di Geova vs. Turchia del 2016. In dottr., ex multis, cfr. P. Cavana, Lo spazio fisico della vita religiosa (luoghi di culto), in V. Tozzi – G. Macrì – M. Parisi (a cura di), Proposta di riflessione per l’emanazione di una legge generale sulla libertà religiosa, Giappichelli, Torino, 2010, pp. 210 ss.; A. Bettetini, La condizione giuridica dei luoghi di culto tra autoreferenzialità e principio di effettività, in Quad. dir. e pol. eccl., n. 1, 2010, pp. 3 ss.; Id., Ente ecclesiastico, beni religiosi e attività di culto. Profili giuridici, Giuffrè, Milano, 2019, pp. 87 ss..

[5] Ex multis, cfr. P. Cavana, Libertà di religione e spazi per il culto tra consolidate tutele e nuove comunità religiose, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n. 20, 2019, pp. 7 ss..

RIZZO A. | Some thoughts on Judicial Cooperation and the Protection of Human Rights in the European Union: Theoretical Background and Open Questions**

Abstract

Summary. I. Judicial Cooperation in the Rome Treaty and Beyond – II. Principles of EU Judicial Cooperation – III.  The Protection of Human Rights and EU Judicial Cooperation – IV. International Law Sources on Human Rights Protection and EU Judicial Cooperation – Concluding remarks.

 

  1. Judicial Cooperation in the Rome Treaty and Beyond

Under Article 220[1] of the Treaty establishing the European Economic Communities (1957, hereinafter, EEC Treaty), the latter communities encouraged own member states improving mutual cooperation in civil law matters. This objective was later achieved at first in 1968 with the establishment of Brussels Convention assessing criteria for judicial competence and the mutual recognition of judgments on contractual obligations[2].  

It is wise recalling how, as from entry into force of Brussels Convention, a judge institutionally placed outside national legal systems, that is, the Court of Justice of the EU (CJEU), is empowered by national judiciaries to understand same Convention’s provisions, in particular by means of the preliminary ruling mechanism under previous article 177  EEC Treaty (corresponding to current art. 267 of the Treaty on the Functioning of the European Union, TFEU [3]).

[1] According to that provision, the Member States would have initiated among themselves, “negotiations aimed at ensuring, for the benefit of their citizens […] the simplification of the formalities to which the mutual recognition and mutual enforcement of judicial decisions are subjected”, see Treaty establishing the European Economic Communities, accessible (just in French, German, Dutch and Italian) on-line here: https://eur-lex.europa.eu/eli/treaty/teec/sign.

[2] 1968 Brussels Convention on jurisdiction and the enforcement of judgments in civil and commercial matters (consolidated version), OJ C 27 of 26.1.1998 p. 1. On this source of EU Law, an abundant literature exists. It may suffice to mention here F. Pocar (ed.), La Convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione e l’esecuzione delle sentenze, Milano, 1995 and T.C. Hartley, International Commercial Litigation. Text, Cases and Materials on Private International Law, Cambridge, 2009, part. pp. 19 ff.

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