Taggato: SILVIA ANGELETTI

ANGELETTI S. – La questione del velo islamico nel luogo di lavoro (ancora) di fronte alla Corte di Giustizia UE: verso maggiori garanzie per il diritto di libertà religiosa.

Abstract

Con la sentenza resa il 15 luglio 2021, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea torna sul tema dell’adozione del velo islamico nei luoghi di lavoro. Le questioni pregiudiziali poste dai giudici remittenti tedeschi riguardano le misure stabilite da datori di lavoro privati, con le quali si vieta ai dipendenti l’esibizione di segni visibili di convinzioni politiche, filosofiche o religiose nel luogo di lavoro, allo scopo di perseguire una policy di neutralità dell’impresa. La Corte, seppure non discostandosi dagli approdi della sua precedente giurisprudenza sul tema, con la decisione in commento mostra alcune significative aperture verso un’interpretazione della direttiva 2000/78/CE maggiormente attenta al rispetto della libertà religiosa del lavoratore. In particolare, il riconoscimento al giudice nazionale di un margine di discrezionalità, entro il quale poter tenere conto delle norme europee di rango primario e delle disposizioni costituzionali nazionali che garantiscono la libertà religiosa, rappresenta un passo avanti nella direzione di un approccio ‘olistico’ al tema del diritto antidiscriminatorio nelle relazioni lavorative. […]

In July 15th 2021, the Court of Justice of the European Union (Grand Chamber) delivered a preliminary ruling in proceedings regarding the wearing of the Islamic headscarf in the workplace. The requests from the referring German Courts concerned private undertakings applying internal Instructions, aimed at pursuing a policy of political, philosophical and religious neutrality towards clients as well as workers. While complementing existing case – law, the Court further clarifies how the directive 2000/78/CE shall be interpreted in line with the protection of the employees’ freedom of religion. Firstly, the Court clearly maintains that the appropriateness, consistency and necessity of the neutrality policy are to be demonstrated by the employer. Furthermore, it states that the directive leaves a margin of discretion to the national judge, within which the rights recognized in EU primary law and national provisions protecting freedom of thought, conscience and religion shall be taken into account. On these grounds, it will be argued that the Court has taken a further step towards a ‘holistic’ approach in employment anti-discrimination law.
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ANGELETTI S. – La questione del velo integrale torna a Strasburgo. Brevi considerazioni intorno a Dakir c. Belgique e Belcacemi et Oussar c. Belgique.

Abstract

Con le recenti sentenze Dakir c. Belgique e Belcacemi et Oussar c. Belgique, pronunciate dalla Seconda sezione della Corte europea dei diritti umani, i giudici di Strasburgo tornano sulla questione del velo integrale a non molta distanza dalla ben nota decisione S.A.S. v. France del luglio 2014. Le due controversie mostrano più di una somiglianza con il caso francese, a partire dai percorsi legislativi che hanno condotto prima la Francia nel 2010, subito dopo il Belgio (giugno 2011), a promulgare un divieto di comparire in luogo pubblico con il volto travisato, adducendo ragioni essenzialmente legate ai profili di sicurezza, al principio di eguaglianza tra uomini e donne e al rispetto del valore sociale della pacifica convivenza in un clima di apertura e di dialogo, compendiato nella formula del “vivre ensemble”. Forti analogie emergono anche nelle considerazioni con le quali le rispettive Corti costituzionali hanno avallato la scelta parlamentare sul piano costituzionale. Non sorprende, dunque, che le doglianze oggi introdotte di fronte a Strasburgo ripropongano (seppure in termini più sintetici) gli stessi nodi problematici e le stesse valutazioni poste all’attenzione dei giudici nel caso S.A.S. v. France. […]

In the recent cases Dakir c. Belgique and Belcacemi et Oussar c. Belgique, the European Court of Human Rights upheld the decision rendered in the well – known 2014 case, S.A.S. v. France, regarding the burqa/niqab ban in public spaces. Establishing that the 2011 Belgian law, sanctioning the wearing in public of a face-covering veil, is compatible with the limitations provided in Article 9 ECHR, the Strasbourg Court applied all the arguments seen in the French case.
Before else, the ruling relied on the criterion of “vivre ensemble”, conceived as a requisite value for social cohesion and respect for pluralism and which can be subsumed into the protection of “rights and freedoms of others” for the sake of being held legitimate under Article 9. It shall be argued that the principle of “living together” is too vague and ambiguous a tool to be used as a juridical reason to justify a limitation on individual freedoms, therefore leaving space for other, more meaningful means, like the (material) concept of public order
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