Autore: Rosella Alunni

TUTELA DELL’AMBIENTE E VALORI COMUNI

Mercoledì 13 dicembre 2017
Dibattito

Dibattito intorno all’opera “DIRITTO DELL’AMBIENTE”
Intervengono i Professori: GIUSEPPE DE VERGOTTINI, MARCO CAMMELLI, NICOLA AICARDI, ALESSANDRO LOLLI, GIUSEPPE CAIA
Saranno presenti gli autori dell’opera: B. CARAVITA, L. CASSETTI, A. MORRONE
La partecipazione è gratuita. E’ necessaria l’iscrizione collegandosi, entro il giorno 11 dicembre 2017, all’indirizzo Internet http://137.204.237.112/iscrizioni/tutela-ambiente. Le iscrizioni saranno accolte nel limite della capienza dell’aula. Coloro che per sopravvenute difficoltà non possono partecipare all’evento sono pregati di comunicarlo in modo da consentire ad altri la partecipazione, inviando una mail a spisa.comunicazione@unibo.it
Inizio lavori 13/12/2017 Ore 16:00
Aula Magna – SP.I.S.A. – Via Belmeloro, 10 – Bologna iconlocandina

PIERONI S. – Ne bis in idem sanzionatorio. La problematica applicazione nella sentenza Jóhannesson c. Islanda dei criteri elaborati dalla Grande Camera

Abstract

Introduzione.
La Prima Sezione della Corte EDU si è trovata a fare applicazione per la prima volta dei “criteri-guida” forniti dalla Grande Camera della Corte EDU nella nota sentenza A. e B. c. Norvegia del 15 novembre 2016 in materia di ne bis in idem (art. 4, Protocollo 7 alla CEDU), questa volta ravvisando, all’unanimità, la violazione della garanzia convenzionale sotto il profilo dell’assenza di una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta” tra i due procedimenti sanzionatori.
Peraltro, la pronuncia risulta di particolare interesse, in quanto, sottolineandosi le differenze tra il caso esaminato e quello deciso dalla Grande Camera, se, da un lato, sembra indicare agli interpreti i limiti entro i quali va ricondotto il criterio della “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta” di cui alla sentenza A. e B. c. Norvegia, dall’altro, come vedremo, non chiarisce i parametri definiti per l’individuazione dei medesimi.
2. Il ne bis in idem ‘sanzionatorio’ nella giurisprudenza della Corte EDU.
La controversia rappresenta ulteriore declinazione del riconoscimento da parte della Corte EDU della natura “sostanzialmente penale” di molte sanzioni tradizionalmente qualificate nel nostro ordinamento come amministrative , collocandosi nel delicato e controverso dibattito della compatibilità del principio del ne bis in idem (art. 4 del Protocollo n. 7) con il c.d. doppio binario sanzionatorio. Difatti, l’operata riqualificazione, secondo i parametri della Corte EDU, delle sanzioni amministrative in sanzioni penali, comporta l’applicazione, per il medesimo fatto, di due misure afflittive, ancorché una formalmente amministrativa, con conseguente illegittimità convenzionale di siffatto bis in idem sanzionatorio.[…]

The First Section of the European Court of Human Rights applied for the first time the “guiding principles” provided by the Grand Chamber of the Court in the judgment A. and B. v. Norway of 15 November 2016 on ne bis in idem (Article 4, Protocol 7 ECHR), recognizing in this case a violation of the conventional guarantee due to the absence of a ” sufficiently close connection in substance and time” between the two sanctioning proceedings.
Moreover, the ruling of particular interest, because it sets out various issues stemming from the fact that, on the one hand, it seems to indicate the limits within which the criterion of the “sufficiently close connection in substance and time” can be applied (as in A and B. v. Norway), on the other hand, it does not provide defined parameters to identify them, grounding, instead, on the basis of factual circumstances that force the interpreter to elaborate case by case the rule in the specific case.[…]

VANNUCCINI S. – Gonzales Lluy et al. v. Ecuador: The First Judgment of the Inter-American Court of Human Rights Declaring Violation of Article 13 (Right to Education) of the Protocol of San Salvador

Abstract

In 1998, Talía Gabriela Gonzales Lluy, a three-year-old girl, had been diagnosed with idiopathic thrombocytopenic purpura (ITP), a hemorrhagic disorder requiring blood and platelets transfusion urgently. Nevertheless, the donated blood had been transfused into her body without having being tested previously. As a result, Talía had been contaminated with HIV-infected blood.
When she had begun attending primary school, she had faced hostile climate and discrimination within the educational environment, and had been barred from attending classes owing to her medical condition.
In 2015, in the case of Gonzales Lluy et al. v. Ecuador, for the first time, the Inter-American Court of Human Rights stated violation of Article 13 (Right to Education) of the Protocol of San Salvador.[…]

ALLEGRUCCI C. – La legge 110/2017 e gli obblighi internazionali dell’Italia in tema di tortura

Abstract

1. Premessa. – Con l’approvazione della legge 110, avvenuta il 14 luglio 2017, l’Italia ha final-mente introdotto nel suo ordinamento il reato di tortura, colmando un vuoto legislativo ormai intolle-rabile. L’importante novella legislativa – oltre alle norme incriminatrici di cui agli articoli 613bis e 613ter c.p. sono state introdotte norme procedurali in materia di utilizzo delle prove raccolte tramite il ricorso a tortura, disposizioni relative all’estradizione dei responsabili e modifiche al testo unico sull’immigrazione – arriva con un ritardo di quasi trent’anni rispetto alla ratifica, da parte dell’Italia, della Convezione delle Nazioni Unite contro la tortura, i trattamenti e le pene inumani e degradanti, datata 1984. A dare impulso decisivo al procedimento legislativo, che in passato si era sempre risolto in un nulla di fatto, hanno probabilmente contribuito le sentenze di condanna dell’Italia pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale – soprattutto in anni recenti – ha evidenziato come la mancanza di una previsione legislativa che sanzionasse adeguatamente la tortura si traducesse in una violazione procedurale dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: con ciò dimostrando la debolezza dell’argomento tradizio-nalmente addotto dai governi italiani, e cioè che a reprimere tale odiosa condotta fossero sufficienti i reati già previsti dal codice penale (e segnatamente le norme in materia di percosse e di lesioni per-sonali). […]

Almost 30 years after its ratification of the UN Convention against Torture, Italy has finally ap-proved a law introducing torture as a discrete crime. This long-awaited development, however, has been met with some criticism, as many maintain that law 110/2017 does not fully satisfy the interna-tional requirements in terms of preventing and punishing torture. This article focuses on such inter-national requirements: by examining first the torture-addressing international instruments binding upon Italy and then the provisions of law 110/2017, it aims to assess wether Italy has fulfilled its in-ternational obligations.

LOMBARDI A. – Il controllo delle comunicazioni elettroniche del lavoratore alla luce della sentenza Bărbulescu c. Romania della Grand Chamber

Abstract

SOMMARIO

1. Introduzione.
2. Il caso Bărbulescu contro Romania.
2.1. I fatti
2.2. La sentenza della Grand Chamber
2.3. Applicazione dei principi al caso Bărbulescu ed affettività.
3. Dalla interpretazione restrittiva adottata dalla Corte Edu del diritto alla privatezza delle comunicazioni elettroniche del lavoratore, alla Grand Chamber.
4. Brevi cenni sulla disciplina italiana.
1. Introduzione
La sentenza Bărbulescu c. Romania, oltre ad affrontare un tema di grande attualità, concernente il bilanciamento tra il diritto del datore di lavoro di controllare i dispositivi elettronici aziendali lasciati in uso ai dipendenti e quello del prestatore che si rende inadempiente rispetto al relativo utilizzo, ha destato particolare interesse, tra gli addetti ai lavori e non, per il pronunciamento della Grand Chamber della Corte Edu, la quale dopo anni di sentenze, che già di per sé introducevano elementi di innovazione e riflessione rispetto al tema, si è discostata dai giudizi che l’hanno preceduta riconoscendo la violazione dell’art. 8 CEDU.
Come detto, il tema è particolarmente attuale e delicato in virtù dei numerosi problemi connessi all’avvento delle tecnologie sui luoghi di lavoro, che determinano pericoli sia in termini di produttività, posto che il lavoratore allorquando utilizza le risorse aziendali per scopi personali sottrae tempo allo svolgimento della mansione cui è adibito, oltre a comportare costi per l’impresa, imputabili all’eventuale attività illecita svolta in rete, che potrebbe compromettere la sicurezza dei sistemi informatici. La questione non è di facile risoluzione, posto che gli interessi in gioco sono entrambi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico ed occorre, dunque, che sia garantito un bilanciamento dei diritti sia del lavoratore alla propria privacy, sia del datore al rispetto delle limitazioni poste .[…]

The issue of employee control over workers, implemented through monitoring of e-mails and devices in their use, is of interest because of the importance of IT tools in the manufacturing process.
On this topic there are numerous precedents of the ECHR Court (for example Copland vs. Great Britain) in which it has been asserted that the use of IT tools at work for private purpose is protected by Article 8 ECHR.
However, those precedents were subject to review by the ECHR Court, which adopted a restrictive interpretation of that Article in the Bărbulescu vs. Romanian judgement and it affirmed the legitimacy of checking the correspondence between the worker and third parties that involved workers private aspects.
In September 2017, the ECHR Grand Chamber was called upon to rule again on the facts of the that judgment and the Court affirmed the applicability of the protection of Article 8 ECHR provided that the monitoring will be in accordance with the principles of transparency and proportionality.

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